lunedì 9 dicembre 2024

Donne e Diaconato: la relazione dell'incontro con Donata Horak*

 

Lo scorso 25 novembre 2024, il MEIC (Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale) di Parma ha organizzato un incontro sul tema “Donne e Diaconato”. 

 

A guidare l’incontro è stata Donata Horak, docente di Diritto canonico allo studio teologico Alberoni di Piacenza, Segretaria del Coordinamento Teologhe Italiane e insegnante di religione alle scuole superiori.

 

Horak ha ripercorso le tappe che, nel corso degli anni, sembravano porre le basi per aprire anche alle donne l’accesso a questo ministero, osservando però come tutti i tentativi, almeno finora, non abbiano portato a risultati concreti.

 

Anzitutto, Horak ha ricordato che anche il diaconato per gli uomini, inteso come un percorso distinto rispetto al cursus honorum dei presbiteri, sia relativamente recente: esso, infatti, è uno dei frutti del Concilio Vaticano II, introdotto nel 1964 (Lumen Gentium) e regolamentato nel 1967 con il motu proprio di Paolo VI Sacrum Diaconatum Ordinem. Nel documento si dice chiaramente che esso non è un obbligo, ma una possibilità, tuttora assai poco sfruttata e non dappertutto diffusa; come accade anche per altri ministeri, che sono stati svincolati dal cammino presbiterale e, più di recente (2021), aperti, questi sì, a uomini e donne, ovvero il lettorato e l’accolitato, e da ultimo il ministero del catechista.

 

Si pensava poi che la netta distinzione operata tra la funzione di governo attribuita ai presbiteri e quella di servizio attribuita ai diaconi, sostenuta da Benedetto XVI (Omnium in mentem, 2009) potesse rassicurare chi temeva (e teme) che l’apertura del diaconato alle donne fosse solo un primo passo verso il presbiterato e potesse far progredire la questione, ma così non è stato.

 

Gli studi storici hanno dimostrato con certezza che sono esistite diacone nelle chiese cristiane almeno fino all’XI secolo; ma la Commissione di studio sul diaconato delle donne (istituita da Francesco su richiesta dell’UISG nel 2016) non è stata in grado di trovare un accordo sulla natura del loro ministero: uguale a quello degli uomini o, in qualche modo, subalterno?

 

E non è andata meglio nemmeno quando (nel Documento finale del Sinodo per l’Amazzonia) è stato chiesto di dare un riconoscimento di diritto a coloro che già esercitavano di fatto il ruolo di diacone all’interno delle loro comunità. Una richiesta a cui Francesco (in Querida Amazonia), pur riconoscendo il valore del loro operato, ha risposto che non era il caso di “clericalizzarle”.

 

L’ultimo atto della vicenda è stata l’esclusione del diaconato femminile dagli argomenti di discussione della seconda sessione del Sinodo da poco concluso, perché il tema resta assai divisivo e le posizioni inconciliabili: c’è chi lo ritiene una risposta adeguata ai segni dei tempi e chi un inaccettabile segno di discontinuità e di “pericolosa confusione antropologica” (sic!).

 

Nonostante l’ennesima delusione, forse è stato meglio stralciarlo dalla discussione prima che subisse una bocciatura ufficiale, che avrebbe rischiato di chiudere la questione per decenni, come già accaduto in passato. Invece ora possiamo e dobbiamo continuare a parlarne, proprio come abbiamo fatto in questo incontro, al quale hanno partecipato uomini e donne parimenti interessati e interessate, che hanno dato vita a un intenso dibattito.

 

Poi, come suggerito sia da Horak sia da alcuni degli intervenuti, per uscire dall’impasse, dobbiamo imparare anzitutto a considerare in modo diverso la tradizione: essa, infatti, non è fissata una volta per tutte, ma viene riscritta ogni giorno da chi la vive. E se nel giro di un paio di generazioni i primi cristiani hanno stabilito che non era necessario essere circoncisi per far parte della comunità, forse anche noi arriveremo a comprendere che, come non esiste un battesimo diverso per uomini e donne, ma in entrambi agisce lo stesso Spirito, anche per altri ministeri non è poi così importante il genere della persona che lo ricopre.

 

Dobbiamo abituarci anche a ripensare alla Chiesa come a una realtà plurale, che fin dalle origini si è innestata su culture diverse, dando vita a diverse tradizioni. Non sarebbe dunque così strano, e metterebbe al riparo dal paventato timore di uno scisma, se la decisione di ammettere o meno le donne al diaconato fosse demandata alle chiese locali, e fosse resa possibile almeno nei luoghi in cui servirebbe a ridare slancio e credibilità a un’istituzione che tuttora esclude metà del suo popolo da alcuni ruoli.

 

Infine, poiché l’incontro si è svolto nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, dovremmo anche interrogarci su quanto una teologia di genere (che non ha nulla a che vedere con la famigerata teoria del gender) possa aiutarci a superare gli stereotipi e rileggere le Scritture sotto una nuova luce, più liberante per tutte e tutti. Perché lo Spirito, grazie al Cielo, soffia dove vuole!

 

Cristina Musi
Presidente Gruppo Meic di Parma

 

 

*L'articolo è stato originariamente scritto e pubblicato nella Newsletter dell'Associazione Il Borgo: vai al link