sabato 22 marzo 2025

"La bontà infinita ha sì gran braccia": 2 aprile 2025, incontro su Dante

 

Mercoledì 2 aprile 2025, alle 20.45 presso il Centro pastorale Diocesano, celebreremo anche noi il Dantedì. 

L’anno scorso, prima ancora che venisse annunciato il tema del Giubileo, avevamo dedicato l’incontro alla Speranza; quest’anno, approfondiremo un altro tema strettamente legato all’anno giubilare, ovvero il percorso di pentimento, conversione e purificazione descritto nella Divina Commedia. 

In particolare, affronteremo alcuni passi del Purgatorio: la cantica “di mezzo”, quella più trascurata nei percorsi scolastici, ma nella quale i personaggi vivono la più umana delle condizioni, sospesi tra consapevolezza degli errori commessi e desiderio di essere accolti di nuovo nell’abbraccio di Dio. 

A guidarci alla (ri)scoperta dei versi di Dante sarà il prof. Antonio De Caro, insegnante alla Scuola per l’Europa di Parma; mentre don Giacomo Guerra, viceparroco dello Spirito Santo, ci aiuterà ad approfondire il senso del sacramento della penitenza e la sua evoluzione storica e a capire cosa erano (e cosa sono oggi) le indulgenze. La lettura dei versi di Dante sarà accompagnata da musiche antiche eseguite da Aurora Manfredi, maestra di liuto.

martedì 28 gennaio 2025

La zona di interesse: incontro sul libro di Martin Amis con il Circolo di lettura La Paloma

Continua per il terzo anno consecutivo la nostra collaborazione con il circolo di lettura Vogliadileggere La Paloma in occasione della Giornata della Memoria.
 
Ci troveremo giovedì 30 gennaio 2025 alle 20.45 presso il Centro Pastorale Diocesano "Anna Truffelli" per parlare de La zona di interesse, di Martin Amis. 
 
Dal libro, pubblicato nel 2014, è stato tratto nel 2023 l'omonimo film; ma è uno di quei casi in cui libro e film prendono strade diverse, entrambe però assai intense e originali, per provare a raccontare l'olocausto in tutta la sua orribile "banalità".

lunedì 9 dicembre 2024

Donne e Diaconato: la relazione dell'incontro con Donata Horak*

 

Lo scorso 25 novembre 2024, il MEIC (Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale) di Parma ha organizzato un incontro sul tema “Donne e Diaconato”. 

 

A guidare l’incontro è stata Donata Horak, docente di Diritto canonico allo studio teologico Alberoni di Piacenza, Segretaria del Coordinamento Teologhe Italiane e insegnante di religione alle scuole superiori.

 

Horak ha ripercorso le tappe che, nel corso degli anni, sembravano porre le basi per aprire anche alle donne l’accesso a questo ministero, osservando però come tutti i tentativi, almeno finora, non abbiano portato a risultati concreti.

 

Anzitutto, Horak ha ricordato che anche il diaconato per gli uomini, inteso come un percorso distinto rispetto al cursus honorum dei presbiteri, sia relativamente recente: esso, infatti, è uno dei frutti del Concilio Vaticano II, introdotto nel 1964 (Lumen Gentium) e regolamentato nel 1967 con il motu proprio di Paolo VI Sacrum Diaconatum Ordinem. Nel documento si dice chiaramente che esso non è un obbligo, ma una possibilità, tuttora assai poco sfruttata e non dappertutto diffusa; come accade anche per altri ministeri, che sono stati svincolati dal cammino presbiterale e, più di recente (2021), aperti, questi sì, a uomini e donne, ovvero il lettorato e l’accolitato, e da ultimo il ministero del catechista.

 

Si pensava poi che la netta distinzione operata tra la funzione di governo attribuita ai presbiteri e quella di servizio attribuita ai diaconi, sostenuta da Benedetto XVI (Omnium in mentem, 2009) potesse rassicurare chi temeva (e teme) che l’apertura del diaconato alle donne fosse solo un primo passo verso il presbiterato e potesse far progredire la questione, ma così non è stato.

 

Gli studi storici hanno dimostrato con certezza che sono esistite diacone nelle chiese cristiane almeno fino all’XI secolo; ma la Commissione di studio sul diaconato delle donne (istituita da Francesco su richiesta dell’UISG nel 2016) non è stata in grado di trovare un accordo sulla natura del loro ministero: uguale a quello degli uomini o, in qualche modo, subalterno?

 

E non è andata meglio nemmeno quando (nel Documento finale del Sinodo per l’Amazzonia) è stato chiesto di dare un riconoscimento di diritto a coloro che già esercitavano di fatto il ruolo di diacone all’interno delle loro comunità. Una richiesta a cui Francesco (in Querida Amazonia), pur riconoscendo il valore del loro operato, ha risposto che non era il caso di “clericalizzarle”.

 

L’ultimo atto della vicenda è stata l’esclusione del diaconato femminile dagli argomenti di discussione della seconda sessione del Sinodo da poco concluso, perché il tema resta assai divisivo e le posizioni inconciliabili: c’è chi lo ritiene una risposta adeguata ai segni dei tempi e chi un inaccettabile segno di discontinuità e di “pericolosa confusione antropologica” (sic!).

 

Nonostante l’ennesima delusione, forse è stato meglio stralciarlo dalla discussione prima che subisse una bocciatura ufficiale, che avrebbe rischiato di chiudere la questione per decenni, come già accaduto in passato. Invece ora possiamo e dobbiamo continuare a parlarne, proprio come abbiamo fatto in questo incontro, al quale hanno partecipato uomini e donne parimenti interessati e interessate, che hanno dato vita a un intenso dibattito.

 

Poi, come suggerito sia da Horak sia da alcuni degli intervenuti, per uscire dall’impasse, dobbiamo imparare anzitutto a considerare in modo diverso la tradizione: essa, infatti, non è fissata una volta per tutte, ma viene riscritta ogni giorno da chi la vive. E se nel giro di un paio di generazioni i primi cristiani hanno stabilito che non era necessario essere circoncisi per far parte della comunità, forse anche noi arriveremo a comprendere che, come non esiste un battesimo diverso per uomini e donne, ma in entrambi agisce lo stesso Spirito, anche per altri ministeri non è poi così importante il genere della persona che lo ricopre.

 

Dobbiamo abituarci anche a ripensare alla Chiesa come a una realtà plurale, che fin dalle origini si è innestata su culture diverse, dando vita a diverse tradizioni. Non sarebbe dunque così strano, e metterebbe al riparo dal paventato timore di uno scisma, se la decisione di ammettere o meno le donne al diaconato fosse demandata alle chiese locali, e fosse resa possibile almeno nei luoghi in cui servirebbe a ridare slancio e credibilità a un’istituzione che tuttora esclude metà del suo popolo da alcuni ruoli.

 

Infine, poiché l’incontro si è svolto nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, dovremmo anche interrogarci su quanto una teologia di genere (che non ha nulla a che vedere con la famigerata teoria del gender) possa aiutarci a superare gli stereotipi e rileggere le Scritture sotto una nuova luce, più liberante per tutte e tutti. Perché lo Spirito, grazie al Cielo, soffia dove vuole!

 

Cristina Musi
Presidente Gruppo Meic di Parma

 

 

*L'articolo è stato originariamente scritto e pubblicato nella Newsletter dell'Associazione Il Borgo: vai al link

 

martedì 3 dicembre 2024

Sinodalità e futuro della Chiesa: incontro con Gianni Borsa

 


Si è da poco concluso il Sinodo sulla Sinodalità, iniziato nel 2021. Un Sinodo “nuovo” per durata, modalità di ascolto delle comunità e partecipazione dei fedeli, laici e religiosi, uomini e donne, alle varie sessioni assembleari.  

Assieme all'AC di Parma, proveremo perciò a trarre un bilancio di questo lungo cammino, partendo dai punti salienti del documento finale della XVI Assemblea dei Vescovi, pubblicato il 26 ottobre. 

Lo faremo con Gianni Borsa, Presidente dell’AC di Milano e giornalista del SIR.
L’appuntamento è per martedì 10 dicembre 2024, alle ore 20.45 presso la sala Bonicelli del Centro Pastorale Diocesano.

giovedì 14 novembre 2024

"Le età della ragione": generazioni diverse si confrontano sul loro modo di vivere, pensare e immaginare la famiglia

 

L’Azione Cattolica diocesana, il Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale (MEIC) e la Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI) di Parma per il secondo anno consecutivo organizzano un ciclo di incontri con l’intento di offrire alla città e al territorio momenti di confronto ed approfondimento tra giovani ed adulti su temi centrali del nostro vivere, rispetto ai quali spesso i punti di vista di persone di età diverse si rivelano distanti.

Dopo il tema del lavoro, affrontato lo scorso anno, quest’anno si affronterà il tema “famiglia”: infatti il titolo degli incontri di quest’anno è “Le età della ragione. Generazioni diverse dialogano su temi fondanti della vita: famiglia & famiglie”. La famiglia è al centro della vita di ogni persona: come elemento di nascita e radice, come spazio di contestazione, come luogo di confronto tra generazioni diverse. I contorni della famiglia sono indubbiamente diversi da quelli del ‘900 ed il modo in cui le nuove generazioni intendono il “luogo” familiare è certamente mutato rispetto a quello dei loro nonni, diventando un terreno di dialogo e talvolta di sfida  tra generazioni diverse.

Il primo incontro in programma dal titolo “La mia famiglia… e altri ideali” si terrà mercoledì 20 novembre 2024 alle ore 20,45 presso la parrocchia di San Marco (Via Casati Confalonieri, 4). La serata, moderata, da Chiara Porta, sarà animata dal dialogo tra persone di generazioni e vissuti diversi che si confronteranno sulla loro idea di famiglia. il confronto, partendo da percorsi ed esperienze personali, offrirà letture dell’esperienza familiare da punti di vista differenti e senza dubbio reciprocamente arricchenti.

Il 15 gennaio 2025 ad ore 20,45 si terrà il secondo incontro “Una, nessuna, centomila… famiglie” presso il Centro pastorale diocesano (Viale Solferino 25) con la prof. Barbara Bevilacqua – psicologa e docente all’Università Cattolica di Milano - intervistata da Anna Maria Ferrari, Vice capo redattrice della Gazzetta di Parma, in cui si approfondirà cosa sono e come stanno le famiglie oggi, all’interno di mutamenti sociali velocissimi.

Chiuderà il ciclo il 12 febbraio 2025 alle ore 20.45 l’incontro “Nessuna famiglia è un’isola” presso il Circolo Culturale “Il Borgo” (Via Bandini, 6), in cui un dialogo a più voci tra rappresentanti di Enti ed associazioni aiuterà ad approfondire il tema della famiglia vista da chi la sostiene.

Gli incontri, aperti a tutti gli interessati, sono ad ingresso libero.

sabato 9 novembre 2024

Donne e diaconato: un lungo cammino.

 

Per il secondo incontro di questa stagione il Meic di Parma tratterà di un argomento tornato di recente agli onori delle cronache, ovvero l’accesso delle donne al diaconato.

Avevamo deciso di parlarne mesi fa, ben prima che Papa Francesco chiedesse di stralciarlo dai lavori del Sinodo in corso in quanto “questione non matura”: una decisione che, pur suscitando reazioni contrastanti dentro e fuori la Chiesa, lascia aperta la discussione, e forse invita tutta la Chiesa a riflettere più a fondo sul tema per arrivare a scelte condivise.

Ne parleremo alla luce degli ultimi sviluppi, ma, come nostra abitudine, cercando di non appiattirci sull’attualità, né sulla polemica, ma col desiderio di comprendere meglio i confini della questione: dove nasce, come si è sviluppata nel tempo e come può interrogarci sul modo in cui ciascuno e ciascuna di noi vuole vivere all’interno della propria comunità.

Ad aiutarci sarà la professoressa Donata Horak, docente di Diritto canonico allo studio teologico Alberoni di Piacenza, Segretaria del Coordinamento Teologhe Italiane e insegnante di religione alle scuole superiori.

L’appuntamento è per lunedì 25 novembre 2024 alle 20.30 presso il centro pastorale Diocesano.

martedì 8 ottobre 2024

Israele e Palestina: Le radici del conflitto. Ne parliamo il 29 ottobre 2024

 

Martedì 29 ottobre 2024 alle 20.45, presso il Centro Pastorale Diocesano "Anna Truffelli", ricominceremo i nostri incontri con un argomento di drammatica attualità: la guerra tra Israele e Palestina. 
 
Cercheremo di fornire alle persone un quadro storico delle origini del conflitto e dei suoi sviluppi e la definizione di alcuni termini che leggiamo e ascoltiamo ogni giorno sui media, per provare a comprendere meglio ciò che sta succedendo.
 
Ci aiuterà nel percorso il prof. Emanuele Castelli, Docente di Scienza Politica e International Politics all'Università di Parma.

martedì 23 aprile 2024

"Delle cose visibili e invisibili": fede & fisica in dialogo

 

Due fisici di diversa provenienza e diversa generazione, accomunati dalla ricerca scientifica e dalla fede cristiana, dialogano cercando di capire quali domande ha fatto nascere in loro questo doppio binario: in cosa li ha arricchiti, se li ha mai limitati: e se e da dove hanno trovato risposte…

Giovanni Bachelet, cresciuto nell’AGESCI e nel movimento ecumenico, è stato ricercatore in USA e Germania, professore di Fisica a Trento e alla Sapienza e per una legislatura deputato PD.

Alessandro Chiesa, socio Meic, è ricercatore del Dipartimento di Scienze matematiche fisiche e informatiche dell’Università di Parma, attualmente studia i nano-magneti molecolari e il loro utilizzo per la realizzazione di computer quantistici.

A moderare l’incontro un’altra socia Meic di formazione scientifica, Claudia Nebbi, laureata in Scienze e tecnologie del packaging all’Università di Parma.

L’evento non vuole essere una cosa “da scienziati” e “per scienziati”, ma un’occasione di approfondimento aperta a tutte le persone che desiderano superare la netta divisione tra fede e scienza, destinate ad escludersi a vicenda secondo l’opinione comune, e - credenti o non credenti che siano - vogliono provare ad aprirsi al dubbio che da sempre suscita la conoscenza dei misteri della natura.

Vi aspettiamo lunedì 6 maggio 2024 alle 20.45 presso il Centro pastorale diocesano Anna Truffelli, in viale Solferino 25 a Parma.

lunedì 11 marzo 2024

"Se' di speranza fontana vivace": letture e meditazioni sul tema della speranza nella Divina Commedia

 


Giovedì 21 marzo 2024, alle 20.45 presso il Centro Pastorale Diocesano si terrà un incontro un po' diverso dalla "solita" conferenza. 

Fissato pochi giorni prima del "Dantedì" e della Pasqua, sarà un po' una lezione e un po' una meditazione. 

Parleremo infatti di un tema di cui si sente un gran bisogno, la speranza, partendo dai versi della Divina Commedia di Dante, per arrivare a riflettere sulle nostre vite e il nostro tempo.

Guiderà l'incontro Antonio De Caro, professore di letteratura italiana presso la Scuola per l'Europa.

I testi della Commedia saranno letti da Silvia Cacciani, insegnante e socia del gruppo Voglia di Leggere - La Paloma.

Ad accompagnarci con brani di musica antica sarà Aurora Manfredi, maestra di liuto.

 

domenica 19 novembre 2023

Riconciliarci col mondo che ci ospita: conversazione sulla "Laudate deum" venerdì 24 novembre 2023

 


Anni dopo l'enciclica "Laudato si'", ed in vista della Conferenza sul clima di Dubai, papa Francesco torna a parlare del rapporto tra economia ed ecologia nell'esortazione apostolica "Laudate Deum", nella quale invita non solo i credenti, ma tutte le persone di buona volontà a prendersi cura della nostra casa comune.
E poiché "Non ci sono cambiamenti duraturi senza cambiamenti culturali", anche noi del MEIC - Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale, ci sentiamo chiamati ad approfondire l'argomento.
Proveremo a farlo venerdì 24 novembre 2023 alle 20.25 presso il Centro Pastorale Diocesano "Anna Truffelli" con l'aiuto di Marco Deriu, Sociologo, Docente di Comunicazione ambientale all'Università di Parma, e Davide Tondani, Dottore di ricerca in Economia, insegnante di scuola superiore e nostro socio.

domenica 8 ottobre 2023

Le età della ragione: generazioni diverse in dialogo sul tema del lavoro


Si terrà mercoledì 18 ottobre alle ore 20,45 presso la parrocchia del Sacro Cuore, la prima serata del ciclo di incontri “Le età della ragione. Generazioni diverse dialogano su temi fondanti della vita: Il Lavoro”.

Promossa dall’Azione Cattolica e dal Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale (MEIC) di Parma, questa proposta vuole offrire a giovani e adulti, momenti di confronto ed approfondimento su temi centrali nella vita, rispetto ai quali, spesso, i punti di vista di persone di età diverse possono essere profondamente distanti.

Il tema scelto per questo primo ciclo di incontri è il lavoro.

Il primo incontro in programma il prossimo 18 ottobre, con il titolo “IN & OUT”, sarà un dialogo tra una giovane lavoratrice (Francesca Musiari) ed un neo pensionato (Paolo Merusi). Partendo da percorsi ed esperienze personali l’incontro offrirà letture da punti di vista diversi dell’espeirienza lavorativa. Il confronto sarà facilitato da Paolo Mori.

Nel secondo incontro, lunedì 4 dicembre, approfondiremo, dati alla mano, la realtà del mondo del lavoro oggi. Ci aiuterà nella riflessione Marco Ieva, docente dell'Università di Parma e delegato del Rettore per Job Placement, che dialogherà con la giornalista Chiara Cacciani.

Pateciperanno al dibattito Giulia Avanzi, sindacalista, e Antonio Mantelli HR manager.
 
Nel terzo incontro, mercoledì 7 febbraio, ci interrogheremo sul mondo del lavoro visto dalla scuola: quali aspettative, speranze e timori hanno i ragazzi e le ragazze degli ultimi anni delle superiori rispetto al mondo del lavoro, se e come queste sono cambiate nel tempo e in che modo la scuola li prepara e accompagna in questo passaggio. A guidarci saranno Anna Casalini, Professoressa di scuola secondaria, e Alessandro Catellani, General e Comunity Manager di Casco learning, modererà la serata Chiara Arneodo educatrice e pedagogista.

giovedì 9 marzo 2023

Giustizia riparativa: i video integrali degli incontri

Riportiamo qui i video dei due incontri dedicati alla giustizia riparativa, svoltisi rispettivamente il 24 gennaio e il 23 febbraio 2023. La qualità è un po'... da battaglia, perché sono stati registrati principalmente per permettere ad alcuni amici e soci assenti di poter partecipare comunque agli eventi.
Li pubblichiamo ugualmente per chiunque fosse interessato, e ringraziamo ancora Chiara Scivoletto e Maria Inglese, che ci hanno aiutato ad approfondire il tema nei suoi aspetti teorici, giuridici, morali, filosofici ed anche... letterari (dalla Bibbia alla tragedia greca, passando per il cinema); ma anche nelle possibili applicazioni pratiche, facendoci conoscere le metodologie usate per permettere a persone, spesso giovani, di ricucire il loro legame con la società e con le vittime, troppo spesso escluse dai percorsi tradizionali di reato-processo-punizione.

 

 


 

 

domenica 22 gennaio 2023

Sulla giustizia ed altri fondamenti del nostro stare insieme: Incontro con il Presidente nazionale Meic, Luigi D'Andrea

 

Domenica 15 gennaio 2023, il Presidente nazionale del Meic Luigi D’Andrea ha incontrato il gruppo di Parma e una delegazione dei gruppi dell’Emilia Romagna (Bologna e Piacenza) per presentare il tema del prossimo Convegno nazionale, ovvero la giustizia, con particolare attenzione alla giustizia riparativa.

Poiché alla riunione, che si è svolta nel pomeriggio presso il Centro Pastorale Diocesano Anna Truffelli, erano presenti anche alcune persone non appartenenti all’associazione, il Presidente ha esordito con una breve presentazione del nostro Movimento.

“Il Meic è un dialogo tra fede e cultura in una logica di condivisione” ha detto D’Andrea: “È una sfida che volentieri affrontiamo coi nostri pochi pani e pochi pesci. Se ricordate bene la parabola, non c’è scritto che è Gesù a moltiplicare direttamente i pani e i pesci, ma è il gesto stesso del mettere in comune, compiuto dai tutti i presenti, a dare il via al miracolo della moltiplicazione delle risorse.”

D’Andrea ha poi spiegato come il tema della giustizia riparativa si innesta nel percorso compiuto dal Meic negli ultimi anni e nel particolare momento storico che stiamo vivendo.

Anche se non sempre ce ne rendiamo conto, siamo immersi da anni in una situazione senza precedenti: la crisi economica del 2007 è stata forse più grave di quella del ’29, perché ha spostato l’asse dello sviluppo globale, finora centrato sull’Europa, verso l’Asia, mutando equilibri durati per secoli. E quando si pensava di essere quasi usciti dalla crisi economica, è arrivata la pandemia.

Anch’essa ha causato, oltre ai problemi sanitari, problemi economici e soprattutto una crisi sociale: tanto che già si parla di un “prima” e un “dopo” la pandemia nel mondo del lavoro, della scuola, e persino nel nostro modo di gestire le relazioni con gli altri.

Infine, è arrivata la guerra in Ucraina, a completare un quadro già difficile da analizzare.

Per questo, il Meic ha deciso di ripartire dalle categorie fondamentali per l’interpretazione della realtà e, in particolare, sta cercando di ragionare sui fondamenti del nostro stare insieme.

Abbiamo iniziato l’anno scorso con il tema della cura (di sé, dell’altro e del creato), che è stato e sarà al centro delle Settimane teologiche di Camaldoli, e ci stiamo occupando ora del tema della giustizia.

Anche la giustizia, infatti, è un elemento fondamentale per la relazione, perché ci permette di basare su criteri non arbitrari la nostra convivenza civile.

La giustizia, come la cura, ha vari livelli, e può essere statica o dinamica.

Statico, ad esempio, è il principio “A ciascuno il suo”, noto e praticato fin dall’antichità. Dinamica, invece, è la giustizia quando viene declinata nell’ambito delle relazioni sociali e contribuisce così a strutturare il nostro rapporto con il male.

Riflettere sulla giustizia significa anzitutto comprendere che bene e male sono inestricabilmente collegati nella vita individuale e collettiva.

Sono come il grano e la zizzania della parabola evangelica. Ciò non significa che siano la stessa cosa, ma che nella concretezza della vita spesso siano difficili da separare.

Chi prova a separarle ad ogni costo finisce con cercare dei capri espiatori, a cui dare la colpa di un malessere altrimenti difficile da spiegare, e immagina la giustizia come un modo per gestire la convivenza tra nemici. Anche la politica diventa allora uno scontro tra nemici; ma questa logica è in contraddizione sia con l’ordine democratico sia con l’esperienza evangelica.

In secondo luogo, riflettere sulla giustizia significa essere consapevoli che nella maggior parte dei casi essa consiste nel curare il male con altro male. E per quanto questo male sia accuratamente dosato per essere commisurato alla colpa, non è comunque un bene.

Anche la guerra, in particolare quella fatta per legittima difesa rientra in questa logica: per quanto controllata e gestita, per quanto proporzionata all’offesa, resta sempre un male; ma nell’immediato, è difficile trovare qualcosa di diverso da contrapporle.

Infine, riflettere sulla giustizia significa chiedersi se e come è possibile provare a vincere il male con il bene.

Non è un principio così utopistico: lo mettiamo già in pratica ogni giorno per disinnescare i piccoli conflitti con amici e famigliari; ma è presente anche nella nostra Costituzione, quando dice che le pene devono tendere alla rieducazione e al reinserimento del colpevole. In quel verbo tendere, infatti, c’è uno sforzo palese che riguarda tutti i soggetti coinvolti: il reo, la vittima, l’intera società.

Ed è un principio presente anche nella liturgia: all’inizio della messa, quando noi confessiamo i nostri peccati non solo a Dio, ma anche alla comunità e con entrambi desideriamo riconciliarci.

È facile, umano, pensare di eliminare il male eliminando – talvolta fisicamente – il colpevole. Eppure, più la violenza commessa è grande, più appare chiaro che, a un certo punto, non è più possibile rispondere con altrettanta violenza ed occorre tentare strade nuove.

Emblematico è l’episodio evangelico dell’adultera: secondo la legge del tempo, la donna è certamente colpevole, ma Gesù, con la sua risposta, costringe scribi e farisei a scoprire che anche in loro, non solo in lei, abita il male; e poi invita l’adultera a prendersi le sue responsabilità: non è un percorso semplice né piacevole per nessuna delle parti, ma grazie ad esso, il male commesso viene ridimensionato in prospettiva di un bene futuro, in molti casi raggiungibile.

Non si può identificare totalmente una persona con una colpa commessa in un determinato momento della sua vita, così come non si può banalizzare il male. La riconciliazione e il perdono non si elargiscono con leggerezza, ma si costruiscono con fatica sia da parte di chi ha agito sia da parte di chi ha subito il male. Però, in questo percorso si nasconde una possibilità di salvezza per il singolo e per la comunità. Perché le regole di qualunque società, per quanto evolute e complesse, sono sempre convenzioni che per funzionare devono basarsi su qualcosa che le trascende: non la paura di una pena più o meno grave, ma il desiderio di vivere bene assieme agli altri, l’esperienza umanissima della fraternità.

Cristina Musi

 

mercoledì 4 gennaio 2023

Giustizia: un cambio di sguardo - Percorsi di avvicinamento alla giustizia riparativa

La giustizia riparativa è un approccio al complesso tema della "colpa" e della "pena" che mette al centro le persone e le loro relazioni all’interno dell’intera società. Essa sarà l’argomento del Convegno nazionale del MEIC, che si svolgerà a Roma dal 24 al 26 marzo. 

Anche noi del gruppo di Parma desideriamo approfondirlo, per offrire a livello locale un’occasione di riflessione e di confronto.

Martedì 24 gennaio 2023, con Chiara Scivoletto, professoressa di sociologia dell’Università di Parma, faremo un quadro generale della questione parlando di “Origini e approcci della giustizia riparativa”; mentre giovedì 23 febbraio 2024 con Maria Inglese, psichiatra dell’Ausl di Parma e mediatrice penale, andremo più nel concreto, esaminando “Strumenti ed esperienze di giustizia riparativa”.

Entrambi gli incontri si svolgeranno alle 20.45 presso il Centro Pastorale Diocesano, in viale Solferino 25 e sono aperti a tutti/e.

venerdì 18 novembre 2022

Problematiche Mediche ed Etiche alla Fine della Vita: l'intervento integrale di Vittorio Franciosi

 

Il Fine Vita è un tema divisivo, che è stato definito, rispetto ad altri temi altrettanto divisivi, una singolarità, attorno alla quale si scontrano concezioni filosofiche dell’esistenza inconciliabili.
L’etica laica e cattolica sembrano percorrere binari paralleli, che non si incontrano mai. E sembrano perdersi in percorsi speculativi puramente accademici e teorici. Al contrario, il problema centrale di dare una risposta alla sofferenza delle persone rimane marginale.
I temi del Fine Vita andrebbero dibattuti con calma, senza pregiudizi ideologici nè toni concitati. Lontani dai riflettori, che, immancabilmente, si accendono a ridosso dei referendum o dei fatti di cronaca.
I protagonisti del dibattito bioetico sul fine-vita dovrebbero immedesimarsi nel dolore degli ammalati, ascoltare le loro richieste. Rispettare, senza giudicare, le loro scelte. Dare espressione e concretezza alla realtà delle persone sofferenti con la volontà di trovare una risposta concreta a tale sofferenza.
L’attuale periodo storico e politico dell’Italia è favorevole al dibattito, perché non vi sono scadenze pressanti. È  improbabile, infatti, uno sviluppo urgente dell’iter legislativo della legge sul Suicidio Medicalmente Assistito. In questi mesi è possibile elaborare proposte al Parlamento sui temi del fine vita, il più possibile condivise. Il MEIC, sia a livello nazionale che a Parma, sembra avere colto questa opportunità con iniziative come questa, che si propongono una riflessione pacata su temi così delicati.
Inizierò la mia relazione introducendo gli aspetti medici e etici della legge 219/2017.
Parlerò delle risposte assistenziali che questa legge offre alle persone sofferenti alla fine della vita.
Mi soffermerò sul rifiuto o interruzione volontaria delle cure e sul ruolo della “relazione di cura”. Cercherò di spiegare alcune “parole”, che ricorrono spesso nel dibattito bioetico.
Discuterò gli aspetti medici e le conseguenze della Sentenza della Corte Costituzionale del 2019, che ha introdotto, in Italia, il Suicidio Medicalmente Assistito.
Infine accennerò agli aspetti medici della proposta di legge sulla Morte Volontaria Medicalmente Assistita, approvata alla Camera in marzo 2022, e concluderò con la riflessione propositiva formulata dal gruppo di studio “Per un Diritto Gentile”.
 

La legge 219 del 2017 ha come titolo “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni  anticipate di trattamento”. Tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all'autodeterminazione della persona e stabilisce che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata.
Nel rispetto della Costituzione italiana (articoli 2, 13, 32) e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (1, 2, 3).
Per la prima volta, in Italia, veniva consentito, attraverso una legge, che una persona potesse ottenere di “staccare la spina”.  Fino ad allora faceva giurisprudenza solo la Sentenza su Eluana Englaro del 2006.
La legge 219, però, prevede che il consenso, il rifiuto o l’interruzione di qualsiasi trattamento sanitario avvenga all’interno di un percorso di relazione (col medico, con l’equipe curante, coi familiari).
La legge 219 si basa sul consenso, quindi sull’autodeterminazione del paziente, ma il suo fondamento è che fra malato ed equipe curante si realizzi una Relazione di Cura, che porti a scelte di fine vita consapevoli e nate all’interno di una relazione e non in solitudine.
Si potrebbe definire che il paziente manifesta l’autodeterminazione ma “relazionale”. Il paziente non dovrebbe essere lasciato da solo davanti alle decisioni difficili. Solo il paziente è titolare della propria morte ma mai dai da solo.

Entrerò ora nel dettaglio della legge, che, personalmente considero una buona legge, per comprendere meglio il significato di molte “parole” che ricorrono nel dibattito bioetico sul fine vita:
 

  • Il Consenso Informato è un atto col quale il paziente decide in modo libero e autonomo, dopo specifiche informazioni da parte del medico se iniziare, interrompere o proseguire il trattamento sanitario proposto. Qualsiasi trattamento. Compresi quelli cosiddetti vitali come la nutrizione artificiale, la respirazione artificiale e la dialisi e la stessa idratazione.
  •  La nutrizione artificiale è un insieme di metodiche atte a permettere la nutrizione di pazienti che non sono in grado, momentaneamente o permanentemente, di assumere alimenti per via orale per vari motivi, o che non assumono un adeguato apporto nutritivo. La nutrizione artificiale può avvenire per via gastrica, enterale o parenterale endovenosa.
  •  La respirazione artificiale è una procedura in cui un macchinario sostituisce, o integra, l'attività dei muscoli inspiratori, fornendo l'energia necessaria ad assicurare un'adeguata ventilazione ai polmoni. La respirazione artificiale può essere non invasiva o invasiva e può richiedere una tracheotomia o l’intubazione, a seconda delle diverse situazioni cliniche.
  •  La Pianificazione Condivisa delle Cure (PCC). Si tratta di disposizioni/indicazioni redatte dalla persona in stato di malattia, insieme al medico e all’equipe curante, che riguardano l’accettazione, il rifiuto o l’interruzione di determinati accertamenti diagnostici o terapie nel momento in cui non fosse più in grado di esprimere un consenso valido. Le PCC, come il consenso informato, sono l’espressione di quella relazione di cura e autodeterminazione relazionale che dovrebbero caratterizzare sempre le scelte del fine vita. Oggi le PCC vengono frequentemente redatte, nell’ambito di un percorso di cure palliative, nella SLA e in altre patologie neuro-muscolari degenerative e progressive. Ma si prestano ad essere attuate in qualsiasi patologia a prognosi infausta.
  •  Le cure palliative. Il nome deriva dal latino palliare: cioè coprire con un mantello. È l’immagine di San Martino, ma anche l’approccio del Buon Samaritano. Si tratta di interventi volti a migliorare il più possibile la qualità della vita delle persone colpite da malattie inguaribili e delle loro famiglie. Permettono il sollievo dalla sofferenza «per mezzo di una identificazione precoce e di un ottimale trattamento del dolore e delle altre problematiche di natura fisica, psicologica, sociale e spirituale» (Organizzazione Mondiale della Sanità - OMS).
    Le cure palliative rappresentano un approccio alternativo alle richieste eutanasiche, che originano dalla comprensibile disperazione secondaria al dolore cronico, fisico e psichico, e al senso di abbandono esistenziale.
    Purtroppo, nonostante i riferimenti normativi, come la legge 38/2010, il cui titolo è “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”, i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA, 2017) e la stessa legge 219, osserviamo l’insufficiente applicazione delle cure palliative nel Sistema Sanitario Nazionale (SSN), soprattutto nel Centro-Sud dell’Italia.
    Le cure palliative, non vengono ancora erogate uniformemente in tutti i settings assistenziali (domicilio, hospices, ospedali, ambulatori), non viene garantita la continuità di cura tutti i giorni della settimana H24 e non vi sono abbastanza equipes medico-infermieristiche territoriali dedicate e specializzate nelle cure palliative domiciliari. Questo avviene a causa dell’inadeguato investimento finanziario e organizzativo da parte dello Stato e delle Regioni.
    Il carente sviluppo delle reti di cure palliative, soprattutto domiciliari è una delle cause dell’affollamento dei Pronto Soccorso da parte di pazienti terminali, che concludono la loro esistenza in ospedale, e apre una breccia alle richieste eutanasiche da parte di un movimento che, a livello mondiale, afferma l’assoluta disponibilità e diritto di tutte le scelte nel fine vita, comprese l’eutanasia e il suicidio assistito.
    La prossimità alle persone sofferenti mi insegna che una esplicita richiesta suicidaria non è frequente in oncologia e raramente è assoluta e irremovibile. Molto più spesso è ambivalente e fluttuante e rappresenta un grido di aiuto. Anche il dolore più buio si può aprire alla speranza se viene supportato da soluzioni alternative alla richiesta suicidaria.
  •  Nell’ambito delle cure palliative vi è la sedazione palliativa. La sedazione palliativa è un atto terapeutico (Società Italiana di Cure Palliative - SICP) che ha lo scopo di ridurre o abolire la percezione di un  sintomo refrattario, cioè incoercibile con i trattamenti abituali, attraverso la riduzione/abolizione intenzionale della vigilanza con mezzi farmacologici.
    La sedazione palliativa non va confusa con l’eutanasia, da cui differisce nell’intenzione (il sollievo dalla sofferenza intollerabile contro l’uccisione del paziente), nella procedura (un farmaco sedativo per il controllo di un sintomo refrattario verso la somministrazione di un veleno letale) e nel risultato (il sollievo dal distress contro la morte immediata).
  •  Un altro termine ricorrente nel dibattito bioetico è Accanimento Terapeutico. La legge 219 disapprova l’accanimento terapeutico che si riferisce a quei trattamenti di documentata inefficacia in relazione all'obiettivo, con un rischio elevato e/o una particolare gravosità per il paziente, che provocano ulteriore sofferenza e sono sproporzionati rispetto agli obiettivi. Ad esempio una chemioterapia, immunoterapia o qualsiasi altro trattamento oncologico, in un paziente con malattia avanzata in progressione a precedenti trattamenti e con breve aspettativa di vita.
  • Infine le Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT). Si tratta di disposizioni/indicazioni che la persona, in stato di salute, lascia in previsione di eventuale, futura, incapacità di autodeterminarsi. Si riferiscono all’accettazione o rifiuto di determinati accertamenti diagnostici o terapie.
    Anche le DAT, come il consenso informato e le PCC, sono l’espressione di quella autodeterminazione relazionale nelle scelte del fine vita. A differenza del consenso informato (e in parte delle PCC), le DAT soffrono della mancanza di attualità.


Fino al 2019, nonostante l’attivismo di un movimento pro-eutanasico che, in Italia è rappresentato soprattutto dall’Associazione Luca Coscioni, la linea di demarcazione, nelle scelte del fine vita, era rappresentata dalla legge 219 del 2017, cioè non era lecito oltrepassare il “diritto di interrompere qualsiasi trattamento sanitario, compresi quelli di sostegno vitale”.
Nel 2019 la sentenza n. 242 della Corte Costituzionale portò all’assoluzione di Marco Cappato dal reato di assistenza al suicidio (articolo 580 CP) nei confronti del 39enne Fabiano Antoniani, DJ Fabo, da anni cieco e tetraplegico in seguito a un incidente stradale, che nel 2017 chiese e ottenne di morire con il suicidio assistito in una clinica svizzera.
La sentenza n. 242 del 2019 della Corte Costituzionale, definì l’illegittimità costituzionale dell’art. 580 del codice penale (assistenza al suicidio) nel caso di persone tenute in vita da trattamenti artificiali, affette da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, pienamente capace di intendere e di volere.
Quindi, dal 2019, pur in assenza di una legge dello Stato e solo in determinate situazioni, l’asticella veniva abbassata dal livello del diritto a sospendere le cure a quello del diritto ad ottenere il suicidio assistito.

Anche nel caso della Sentenza 242 è bene spiegare alcuni termini ricorrenti nel dibattito bioetico:
 

  • Il Suicidio Assistito. È un atto suicidario compiuto dalla persona che vuole porre fine alla propria vita, che viene messo nelle condizioni di poterlo fare da qualcun altro, in quanto incapace di compierlo in autonomia.
    Il Suicidio Assistito oggi è legale in alcuni stati degli Stati Uniti, del Canada e dell’Australia e diversi paesi europei come Svizzera (dal 1942), Olanda, Belgio, Lussemburgo, Spagna, Austria e depenalizzato in Germania e appunto in Italia.
  •  L’Eutanasia consiste nel procurare la morte di una persona, che desidera porre fine alla sua vita, poiché non ritiene che questa sia più degna di essere vissuta a causa delle sofferenze fisiche o psichiche.
    L’eutanasia consiste nella somministrazione, da parte di una persona terza rispetto al paziente, di una sostanza letale.
    Oggi l’Eutanasia è legale in alcuni stati del Canada, della Nuova Zelanda e dell’Australia e, in Europa, in Olanda, Belgio, Lussemburgo e Spagna.

La linea di demarcazione attuale, sancita dalla Sentenza 242 della Corte Costituzionale del 2019, è rappresentata dalla depenalizzazione del suicidio assistito.
Infatti, in febbraio 2022, la proposta di referendum abrogativo dell’articolo 579 (omicidio del consenziente) è stata rigettata, come incostituzionale, perchè non sarebbe stata garantita la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana.
L’iter legislativo della proposta di legge sulla morte volontaria medicalmente assistita, approvata alla Camera in marzo 2022, che riprendeva sostanzialmente i casi previsti dalla precedente sentenza della Corte Costituzionale, è stato interrotto e la proposta di legge è decaduta a causa della fine della precedente legislatura.
 

Quali proposte operative e propositive possiamo fare in questo momento, che si prospetta propizio ad una riflessione sulla morte volontaria medicalmente assistita?
Vi propongo la proposta del gruppo di studio “Per un Diritto Gentile” di Padova, a cui ha collaborato anche il professor Benciolini del MEIC e che personalmente condivido.
Questa proposta parte dal presupposto che il medico ci deve sempre essere nel processo decisionale della persona che affronta la fine della vita. Il Medico non può girarsi dall’altra parte anche se non condivide le scelte finali della persona. Noi tutti non possiamo girarci dall’altra parte.
La proposta, che potete trovare sul sito www.undirittogentile.wordpress.com, prevede tre momenti.
Il primo momento è l’incontro con un medico di fiducia scelto dal paziente (relazione di cura e fiducia) per definire  la sussistenza dell’«intollerabilità», che è il requisito più soggettivo fra quelli ammessi per accedere al suicidio assistito.
In questa fase il medico può avvalersi, se il paziente è d’accordo anche di un intervento psicologico. Spesso la volontà delle persone a volere morire è fluttuante e ambivalente; desiderio di morire e desiderio di porre fine alla sofferenza sono cose diverse.
Se, dopo la relazione fiduciaria fra medico e paziente viene confermata l’affermazione di intollerabilità e la volontà di procedere con il suicidio medicalmente assistito si passa al secondo momento. Una commissione che valuta gli altri requisiti oggettivi: persona maggiorenne; capace di intendere e di volere e di prendere decisioni libere, attuali e consapevoli; adeguatamente informata; previamente coinvolta in un percorso di cure palliative e averle rifiutate o volontariamente interrotte; affetta da una patologia irreversibile e a prognosi infausta; tenuta in vita da trattamenti sanitari di sostegno vitale.
Solo dopo avere stabilito la sussistenza di tutte le condizioni e la conferma del paziente di volere andare fino in fondo nella sua decisione di fine vita si passa alla terza fase dell’esecuzione dell’aiuto medico a morire.
Questo è l’unico momento in cui dovrebbe essere prevista l’obiezione di coscienza (disponibilità in coscienza). L’articolo 17 del Codice Deontologico Medico intitolato “Atti finalizzati a provocare la morte” dice che “Il medico, anche su richiesta del paziente, non deve effettuare né favorire atti finalizzati a provocarne la morte“. Nel 2020 l’articolo 17 è stato emendato e adeguato alla sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale.
 
In sintesi. Bisogna sempre partire dalla realtà delle persone sofferenti e ascoltare/interpretare le richieste di aiuto a volte espresse sotto forma di richieste suicidarie e eutanasiche.
Occorre offrire una relazione di cura che si manifesta anche attraverso il Consenso Informato, le DAT e le PCC e realizzare un’autoderminazione relazionale e non solitaria.
Si raccomanda l’attuazione e implementazione, uniforme e equa, delle Cure Palliative, a domicilio, in ospedale, negli hospices e negli ambulatori, come previsto dalle leggi esistenti (38/2010, LEA/2017 e 219/2017).
Vi è la preoccupazione per un’idea della morte come “servizio”, oggi esigibile al SSN sotto la forma del suicidio medicalmente assistito.
Il Medico deve sempre essere presente nel processo assistenziale e relazionale di fine vita ma deve essere garantita l’obiezione di coscienza (disponibilità in coscienza) nella fase finale dell’esecuzione dell’eutanasia o del suicidio assistito.
 

Vittorio Franciosi
Medico Oncologo AOU di Parma, Presidente Centro di Bioetica Luigi Migone

martedì 25 ottobre 2022

La disciplina del fine vita fra corti e parlamenti: relazione dell'incontro

 

Lo scorso 20 ottobre si è svolto, presso il Centro Pastorale Diocesano, il primo dei due incontri organizzato dal gruppo di Parma del Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale (MEIC - il “ramo intellettuale” dell’Azione Cattolica) su alcune tematiche riguardanti la fine della vita: cure palliative, accanimento terapeutico, sospensione di alimentazione e idratazione artificiale, suicidio medicalmente assistito, omicidio del consenziente… temi che nel pubblico dibattito vanno sotto (l’improprio) nome di “eutanasia”, “buona morte”.

 

La presidente diocesana del MEIC, Cristina Musi, ha introdotto i lavori, illustrando brevemente dapprima la lunga storia del MEIC, e poi presentando i due incontri che il gruppo locale ha organizzato sul tema della fine della vita, a partire dal titolo proposto, “Al termine del giorno”, inizio dell’inno della preghiera della notte (Compieta).

 

Il giorno che termina è sì quello delle nostre giornate, ma è, nel caso, e metaforicamente, il giorno della vita, quando l’avanzare dell’età o il sopravvenire di malattie o eventi traumatici porta le persone ad avvicinarsi alla morte.

Temi, quelli riguardanti la fine della vita, che il MEIC ha affrontato a livello nazionale con due seminari telematici svoltisi all’inizio dell’estate (e al quale ha partecipato anche il prof. D’Aloia, della nostra Università), e che il gruppo locale vuole riprendere in presenza, qui a Parma, appunto con un primo incontro dedicato agli aspetti giuridici e legislativi, ed un secondo dedicato invece agli aspetti medici: secondo incontro che si terrà, sempre nel medesimo luogo, il 16 novembre alle h. 20,45, con relatore il dott. Vittorio Franciosi, medico oncologo.

 

La relazione della prof.sa Cocconi è stata ricchissima di riferimenti a diverse sentenze in materia, sia italiane sia di altri Paesi o (nel caso americano) di singoli Stati (New Jersey, ad esempio).

 

Un primo nodo è proprio quello relativo al passaggio da un approccio giurisprudenziale ad uno legislativo, non dappertutto realizzato, e peraltro anch’esso oggetto di discussione. 

 

Nel corso del successivo dibattito, è stato posto l’interrogativo, in parte condiviso anche dalla relatrice, se una nuova legge sia necessaria – perché secondo taluni l’attuale normativa è sufficiente – e se sia utile, essendo la casistica in continua evoluzione, e non potendo la norma prevedere tutti i casi possibili, e costringendo comunque i giudici ad intervenire caso per caso. Cocconi infatti ricordava come il giudice di merito, e talvolta anche le Corti, ragioni sul singolo caso, avendo presente la situazione particolare e pressoché unica del caso stesso, mentre la legge per sua natura ha carattere universalistico.

 

Un secondo nodo è il passaggio da decisioni di Corti, in particolare americane, che partono dal principio della difesa della privacy, a decisioni che invece mettono in primo piano l’autodeterminazione del soggetto – come è il caso della Corte tedesca. 

 

Cocconi ha però a lungo riflettuto sull’orientamento della Corte italiana, che nella sentenza con la quale ha rigettato la proposta referendaria circa la depenalizzazione dell’omicidio del consenziente, ha chiarito, anche in continuità con sentenze precedenti (per esempio, in materia di aborto), che se il diritto alla vita non può essere considerato un diritto assoluto, sempre prevalente sul principio di autodeterminazione, nemmeno è vero il contrario, perché il diritto alla vita deve essere considerato un fondamento dell’intero impianto valoriale della Costituzione. E pertanto il diritto alla vita può essere negato solo in presenza di precise condizioni, come aveva specificato la stessa Corte sentenziando sul “caso Cappato” (sentenza 242/2019). Come è noto, la Corte ha invitato il Parlamento a legiferare in materia, ed una proposta di legge, che sostanzialmente riprendeva i contenuti della sentenza di cui sopra, approvata da un ramo del Parlamento, è venuta a decadere con la fine anticipata della legislatura.

 

Mentre per la Corte costituzionale tedesca – ha proseguito Cocconi – l’autodeterminazione del soggetto ha un valore insuperabile, per quella italiana, come detto sopra, il principio del valore della vita può essere negato solo in casi particolari, e come extrema ratio, dopo che altre strade si sono rivelate impercorribili, e la dignità della vita della persona in questione, a causa di una malattia irreversibile e di una condizione di sofferenza insopportabile, viene a mancare. La Corte ha cioè reso possibile il “suicidio medicalmente assistito”, ossia la predisposizione di un apparato medico che consente la morte del paziente – apparato però che deve essere azionato dalla persona interessata, e non da altri. Medici o parenti.

 

Tale sentenza collide con il codice deontologico dei medici (e prima ancora, col “giuramento di Ippocrate”), tanto che una circolare dell’Ordine dei medici ha cercato di interpretare quanto previsto dal codice deontologico con quanto invece previsto dalla sentenza della Corte, e sempre fatta salva la possibilità di un medico o di un sanitario di rifiutare di intervenire in merito (obiezione di coscienza, espressamente prevista, come è noto, dalla legge 194/1978 sull’aborto).

 

Un altro tema toccato dalla relatrice è stato quello relativo al secondo comma dell’art. 32 della Costituzione, a proposito della non obbligatorietà di una cura, se non richiesta dalla legge – come è il caso dei Trattamenti Sanitari Obbligatori, firmati dal Sindaco o suo delegato, o dei vaccini. Tale comma è stato interpretato nel senso della libertà di cura e, appunto, dell’autodeterminazione – anche se la casistica è ovviamente amplissima, e come detto sopra, difficilmente la legge può prevedere tutte le diverse possibili situazioni. Legata a questo argomento è la discussione – che in Italia è stata al centro del dibattito in occasione del “caso Englaro” – circa il valore terapeutico o di cura della nutrizione e idratazione artificiale in un soggetto privo di coscienza: se cioè possono essere rifiutate, in quanto “cure mediche”, oppure no.

 

Sia nella relazione sia nella discussione sono stati citati anche casi personali, ed è emersa però l’assoluta necessità di creare intorno ai pazienti e ai malati, specie se gravi, una rete di sostegno dal punto di vista medico e psicologico, ma anche relazionale e amicale. Ed in primo luogo, più che il consenso informato, che rischia di trasformare il rapporto medico-paziente in un “contratto”, è necessaria la stipula di una vera “alleanza terapeutica”, dove il medico e l’équipe sanitaria si pongono al servizio della persona malata, e questa ripone in essi la piena fiducia.

 

Il principio di autodeterminazione del soggetto – è emerso in sede di dibattito – va interpretato alla luce del principio personalista, per cui nessuno appartiene solo a se medesimo e, anche se non si vuole tirare in ballo la relazione creaturale con Dio, ci sono sempre altre persone /mogli, mariti, compagni, figli, genitori, parenti e amici in generale, per cui quello che è da combattere prima di tutto è il senso di solitudine e di abbandono da una parte, o l’idea di essere di peso al mondo dall’altra, che portano taluni malati a scelte irreversibili.

 

In questo senso, le cure palliative, ed i luoghi destinati ad accogliere e accompagnare le persone nel loro tramonto, per riprendere il titolo del convegno, sono una modalità che contempera il diritto alla “buona morte” con il dovere della cura della persona, in senso lato, sino alla fine dei suoi giorni. L’hospice delle Piccole Figlie a Parma, come altri in altre città, ne è un esempio virtuoso e da imitare.

 

Guido Campanini


giovedì 6 ottobre 2022

Al termine del giorno...: due incontri sugli aspetti giuridici, medici ed etici del "fine vita"

 

Dopo gli incontri organizzati dal MEIC nazionale la scorsa estate (https://meic.net/2022/06/21/dignita-nel-vivere-dignita-nel-morire-due-dialoghi-sul-fine-vita/), anche il gruppo di Parma intende riprendere il discorso su un tema che interroga profondamente le nostre coscienze.

Lo facciamo dialogando con Monica Cocconi, professoressa associata di Diritto amministrativo, per gli aspetti giuridici, e con Vittorio Franciosi, oncologo, per quelli medici ed etici.

Gli appuntamenti si svolgeranno alle 20.45, giovedì 20 ottobre e mercoledì 16 novembre 2022, presso la Sala Cardinal Ferrari del Centro Pastorale Diocesano, in Viale Solferino 25 a Parma.

venerdì 29 aprile 2022

Cinque quesiti in cerca di elettori

 Il 12 giugno, assieme alle elezioni amministrative, saremo chiamati a votare anche per cinque referendum sulla giustizia. 

Forse per la complessità dei temi, considerati “da specialisti”, forse perché l’attenzione dei media è rivolta oggi ad altri più drammatici eventi - dalla guerra in Europa al persistere della pandemia - poco spazio è stato dato a questi referendum.
 

Per arrivare al voto più consapevoli, ne parliamo assieme, aiutati da Guglielmo Agolino, Dottorando di ricerca in Diritto costituzionale all’Università di Parma.
 

L’appuntamento è per mercoledì 11 maggio alle 20.45 presso il Centro Pastorale Diocesano in viale Solferino 25, Parma.

mercoledì 30 gennaio 2019

COMUNICAZIONE E POTERE: UN CICLO DI INCONTRI PER ESPLORARE IL RAPPORTO TRA MASS MEDIA E CONSENSO


Su gentile concessione del professor Deriu, a questo link le slides della sua relazione

Secondo alcuni sociologi il potere è basato sul controllo della comunicazione e dell’informazione: un da esplorare alla luce del passaggio storico dalla comunicazione di massa all'autocomunicazione di massa che, resa possibile dall'emergere di un nuovo sistema multimediale, permette a sua volta che la voce di attori estranei all'establishment raggiunga un pubblico ampio, scatenando la mobilitazione politica. In tutto il mondo gli effetti sociali e culturali di questi mutamenti sono sotto gli occhi di tutti.
Oggi non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca”, affermò Papa Francesco, nel 2015, al Convegno Ecclesiale di Firenze. Il rapporto tra comunicazione e potere fa parte di quelle situazioni che – proseguì Francesco – “pongono dunque sfide nuove che per noi a volte sono persino difficili da comprendere. Questo nostro tempo richiede di vivere i problemi come sfide e non come ostacoli”.
Nel solco di questa analisi, il Meic di Parma organizza un ciclo di incontri per comprendere le nuove dimensioni della comunicazione e interrogarsi su come vivere da cristiani e cittadini responsabili in una società in cui la comunicazione assume dimensioni così pervasive sui nuovi ambienti delle relazioni e sulla formazione dell’opinione pubblica.
Il primo incontro è in programma giovedì 24 gennaio, alle ore 20.45, al Centro Pastorale Diocesano “Anna Truffelli”, in via Solferino 25 (secondo piano) e avrà per titolo: “Dalle Fake news alla Fake democracy? Informazione, opinione pubblica e qualità della democrazia”. Relatore della serata sarà il professor Marco Deriu, sociologo della comunicazione presso il Dipartimento di Discipline Umanistiche, Sociali e delle Imprese Culturali dell’Università degli Studi di Parma. Seguirà dibattito libero tra i partecipanti.

Su gentile concessione del professor Deriu, a questo link le slides della sua relazione

I COSTI DELLA SPESA MILITARE IN ITALIA: AL CENTRO PASTORALE LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO “CHIAMATA ALLE ARMI”


Quali sono le vere cifre della spesa militare in Italia? Quale la sua composizione e quali le scelte che la guidano? Fino a che punto è vero che la spesa militare può trainare la crescita di un paese? Quale ambigua relazione intercorre tra ricerca, sviluppo tecnologico e corsa agli armamenti?
Si tratta di domande di primaria importanza, in un’epoca storica in cui il valore universale della pace tra i popoli è ogni giorno di più messo in discussione e si moltiplicano i segnali di una nuova corsa agli armamenti.
Una risposta arriva da Raul Caruso, professore di Politica Economica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ed editorialista di Avvenire, con il suo libro “Chiamata alle armi – i veri costi della spesa militare in Italia (ed. Egea). Studioso di fama internazionale di economia della pace, Caruso fornisce una risposta osservando la realtà italiana ed allargando lo sguardo all’Europa.
Su iniziativa del Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale (MEIC) di Parma, della Comunità di Sant’Egidio di Parma e Movimento dei Focolari, l’autore presenterà il suo libro – il secondo sul tema, dopo “Economia della Pace” – a Parma.
L’appuntamento è per martedì 11 dicembre, alle ore 20.45, presso il Centro Pastorale Diocesano “Anna Truffelli” di via Solferino 25 (sala Card. Ferrari). L’autore presenterà al pubblico il suo libro dialogando con Marco Reguzzoni, coordinatore per l’Emilia Romagna del Movimento Politico per l’Unità – Focolare.